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Verso le dieci di sera, Gal si congedò per tornare alla caserma dei pompieri. Sweeney si era addormentato con la testa sul tavolo e Craig lo prese in braccio passandogli le mani sotto le ginocchia e la schiena per portarlo a letto, accompagnato da Maude. «È leggerissimo. Come fa a esser così magro? Mangia come un bue...» «Già, sembra così fragile, vero?» Maude sorrise, intenerita, sistemando invano una delle tante ciocche ribelli del ragazzino, il quale dormiva tanto pesantemente e rumorosamente da non accorgersi di nulla «Eppure ha una resistenza che non immagini nemmeno; essendo figlio di un essere fatato e di un mezzo sangue, è qualcosa di molto raro.» Craig guardò Maude, stupito «Sai chi sono i suoi genitori?» lei si aggiustò lo scialle sulle spalle, fece un breve cenno d’assenso ma con uno sguardo eloquente e un vago gesto della mano gli fece comprendere che ne avrebbero parlato dopo. Lo condusse alla stanza del ragazzino, al piano superiore, e ne aprì con cautela l’uscio dandogli modo di entrare per primo.
La stanza di Sweeney era coloratissima, caotica e piena di conchiglie; doveva amarle parecchio, dato che aveva anche tappezzato le pareti di disegni che le raffiguravano. Craig si guardò intorno brevemente poi seguì Maude verso il letto dove depose il giovane; la aiutò a spogliarlo e a fargli indossare una maglietta oversize per la notte. La donna infine sistemò la trapunta sul figlio, gli posò un bacio sulla fronte e fece segno a Craig di uscire; richiuse la porta alle proprie spalle e si avviò verso il porticato, seguita dal texano
«Sweeney non è stato abbandonato sulla mia porta come ti ha raccontato.» esordì, quando si trovarono all’aria aperta. Craig cercò le sigarette nella tasca e appoggiandosi alla balaustra le fece cenno di continuare, la stava ascoltando «Devi sapere che le fate hanno bisogno di unirsi agli umani per generare una progenie sana e forte, perché se lo fanno con i propri simili, di solito i loro figli sono deformi, o malati. Anche quando procreano con i mezzo sangue, cosa che tendono a evitare, i bambini sono talmente deboli che non superano l’anno di vita. Come se non bastasse, gli esseri fatati sono molto superstiziosi sui figli nati da questo genere di relazioni… Credono siano messaggeri di sventura» la donna si appoggiò accanto a lui e indicò con un leggero movimento del mento un punto a una decina di metri da loro «Vedi quel promontorio laggiù? È il posto dove vengono lasciati a morire quelli come lui. La maggior parte degli esseri fatati non vogliono crescere dei bambini del genere; al tempo stesso la loro superstizione è talmente radicata che non osano uccidere un tale simbolo di sfortuna. Quindi li abbandonano alle intemperie e attendono che sia la natura a fare il suo corso.» la fiammella dell’accendino, resa tremula dalla fresca brezza serale, illuminò l’espressione seria e contrariata di Craig «Non è molto diverso dall’ucciderli» fece notare. Maude annuì, si scostò i capelli dal viso e lasciò vagare lo sguardo nell’oscurità della notte «È vero. Ma queste sono le loro tradizioni. E gli esseri fatati non sono capaci di amore, ancor meno se incondizionato. Possono fingere di amare, scambiare l’ossessione e la possessività per amore, convincersi e convincere gli altri di esserne in grado, ma non possono provare quel tipo di sentimento.» gli spiegò con voce più bassa.
«Ok, ma il genitore mezzo sangue? Non è mai successo che si opponessero alla volontà dell’altro, che cercassero di salvare i loro figli?» «Sì, è quello che ho fatto io: quando ho saputo di esser incinta, me ne sono andata dall’isola e sono tornata solo alcuni mesi dopo la sua nascita per fare in modo che suo padre non si accorgesse di nulla. Non l’ho più visto dopo la notte in cui concepimmo Sweeney. Ma non volevo correre il rischio.» Craig la guardò e lei gli sorrise, lieve; l’uomo lesse nei suoi occhi un dolore latente e al tempo stesso un piglio fiero e coraggioso «Lui è davvero tuo figlio... » mormorò, sorpreso «Ma allora… Perché gli hai detto che è stato abbandonato?» «Per proteggerlo. Sweeney non lo fa apposta, ma è incapace di mentire. Visto che non è possibile comprendere la sua vera natura, se non viene rivelata, ho creduto fosse meglio inventare quella storia di modo che non venisse scoperto e soltanto le persone di cui mi fido sanno la verità. Se suo padre sapesse che è nato, che è ancora vivo, me lo porterebbe via e farebbe in modo di farlo morire.» la fiducia che Maude riponeva nei suoi confronti, fece smuovere qualcosa nell’animo di Craig. Non si aspettava tanto, anche se da quel che aveva capito era stato molto legato anche a lei, quando erano bambini. «Lui chi è?» il suo tono si era fatto più duro, animato dal desiderio di prendere a pugni chiunque avesse fatto soffrire la donna.
Maude scosse il capo e gli posò la mano sull’avambraccio «Non ti preoccupare di questo, adesso. Ci sono cose più importanti a cui pensare. Parlami di te, piuttosto… Come ti senti?» lui si accigliò, ma non insistette: non voleva forzarla a parlare ulteriormente di qualcosa che evidentemente la faceva star male; quindi, decise di assecondarla e aprirsi a lei «… Ho sognato mio padre, quello vero.» «Cosa è successo nel sogno?» Craig inalò il fumo della sigaretta, prendendo tempo per far ordine nei pensieri e nei ricordi, lasciando indugiare lo sguardo sull’orizzonte «Fin da quando sono arrivato qui, sogno sempre la stessa cosa: è notte e c’è una figura inquietante che suona un tamburo e indossa una maschera fatta con il teschio di un montone… E decine e decine di persone che vanno verso di lui. Solo che sono persone fatte di… fumo, nebbia, non so... » «Credo fosse il traghettatore...Colui che raccoglie le anime dei morti e le porta nell’aldilà secondo la mitologia degli esseri fatati» spiegò la donna; Craig, con un breve cenno del capo, soffiò fuori il fumo dalle nari, lentamente e proseguì «La prima volta, quando ho incontrato lo sguardo del tizio col tamburo mi sono sentito precipitare e mi son trovato prigioniero in un posto senza uscita. C’era una donna che mi teneva fermo e mi intimava di andare via da questo posto… La seconda, quando ho deciso di avvicinarmi al... Traghettatore, ho sentito la voce di mio padre chiamarmi, dirmi di tornare a casa… E poi l’ho visto. Mi ha detto che non ero al sicuro, parlava del sogno come se si fosse trattato di un mondo a sé, e mi ha detto anche che mia madre non è morta, che l’ho imprigionata nelle tenebre e ora vuole che la liberi. Poi mio padre è scomparso e io ho visto… Il suo corpo mutilato...insieme a quello di altre due persone… E… me stesso, da bambino, che combattevo contro mia madre perché sapevo che era stata lei, a ucciderli.»
L’espressione di Maude si fece più attenta «Allora è vero...» mormorò; Craig la guardava in attesa, perché ovviamente non capiva a cosa si riferisse. Lei sollevò il capo cercando il suo sguardo «Io non so cosa sia accaduto esattamente quella notte. Non ero con te. Alex era ferito e non ha visto tutto. Quindi abbiamo solo potuto, negli anni, mettere insieme i brandelli di quel che sapevamo per cercar di capire cosa fosse successo. Anche per questo motivo, non volevamo dirti nulla e aspettavamo che ti ricordassi da solo. Se già cercare di propinarti una visione che non è la tua non ci sembrava giusto, lo sembrava ancor meno in condizioni del genere. Però… Ti comportavi stranamente, nell’ultimo periodo: sapevamo tutti che c’era qualcosa che ti turbava, solo che non capivamo cosa, a parte quello che stavamo vivendo tutti. La guerra era già iniziata, la confusione era tanta. Noi figli delle fate eravamo stati portati tutti a Corte, al sicuro. I nostri genitori erano rimasti in superficie a combattere.» Craig ascoltava in silenzio. Si rese conto di non sapere nulla di quella guerra, ma adesso gli importava di più conoscere i fatti che lo riguardavano; quindi, lasciò che Maude proseguisse nel proprio racconto.
«Una notte tu sei fuggito per raggiungere i tuoi, dicendo di esser in grado di batterti al loro fianco. Alex ti seguì, a tua insaputa. Quando ti raggiunse, trovò quella carneficina e tu eri lì, con tua madre. Vi vide lottare, cercò di intervenire, ma venne ferito e perse i sensi. Vi trovarono il giorno dopo sulla scogliera, entrambi svenuti e feriti. Di tua madre non c’era traccia, casa tua era stata divorata dalle fiamme e al suo interno c’erano i cadaveri di tuo padre e dei genitori di Alex. Vi riportarono a Corte, ma mentre Alex venne affidato alle cure di mia madre, di te non abbiamo più saputo nulla per giorni. Abbiamo scoperto soltanto dopo che ti avevano portato al Consiglio dei nobili del mondo fatato e che avevano deciso che tu eri pericoloso per noi tutti, quindi che ti avrebbero esiliato… Io credo che sia stato in quel momento, che qualcuno ti ha messo quel sigillo che ti impedisce di ricordare ogni cosa. Ad ogni modo... Arrivarono i Pratt a prenderti. Quando ci dissero cosa era accaduto, Alex fece il diavolo a quattro, continuando a sostenere che non eri stato tu, ma nessuno gli credette tranne me e Murdo. Punirono anche lui, per averti perso di vista dato che era suo compito proteggerti. Per fortuna non lo esiliarono, anche se immagino che lo avrebbe preferito. Quel che è stato peggio è che non ci permisero più di avvicinarci a te, in alcun modo. Non siamo riusciti nemmeno a salutarti prima che partissi. Ma forse non ci avresti nemmeno riconosciuti.»
Un silenzio denso, compatto, calò tra loro due, quando Maude smise di parlare. Craig aveva finito la sigaretta senza accorgersene e la spense nel portacenere quasi meccanicamente «Voglio che mi togli quel cazzo di sigillo.» affermò, dopo alcuni minuti, la voce atona e raschiata: era stanco di non ricordare, non ne poteva davvero più, tanto meno ora che aveva scoperto queste cose. «Troverò il modo, lo prometto.» lo rassicurò lei, con uno dei suoi soliti sorrisi materni «Ma adesso vi lascio soli» Craig non capì subito a chi si riferisse, ma puntando lo sguardo nella stessa direzione in cui lo aveva rivolto Maude, vide in lontananza i fari del pick up dei pompieri che si stava avvicinando alla casa; capì che si trattava di Alex ancor prima di riconoscerne la sagoma nell’abitacolo «Non penso che dobbiamo dirci nulla.» mormorò, amareggiato. Per quel poco che sapeva, l’altro aveva tutte le ragioni per avercela con lui, lo stupiva anzi che non lo avesse ancora fatto fuori con le proprie mani; inoltre, sentiva che cercare di stargli vicino fosse un atto estremamente egoista, adesso. «Non dire sciocchezze. Dovete accordarvi per la formazione.» Maude gli fece l’occhiolino, mentre rientrava in casa lasciandolo solo in attesa del pompiere.
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